La basilica concattedrale di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto di Santa Lucia del Mela, nella città metropolitana di Messina, concattedrale dell'arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, Vicariato del territorio di Santa Lucia del Mela, parrocchia di Santa Maria Assunta.
La chiesa sorge accanto al Palazzo Prelatizio e il prospetto principale si affaccia sulla piazza Beato Antonio Franco ed è la più grande delle chiese di Santa Lucia del Mela. Ruggero I di Sicilia erige la chiesa primitiva dedicandola a santa Lucia, come voto di ringraziamento per la vittoria della battaglia sostenuta contro i saraceni.
La cattedrale è dedicata alla santa Vergine Maria Assunta in Cielo, I Patroni della città sono Santa Lucia cui è dedicata la cappella occidentale posta nell'abside minore del transetto destro, e San Biagio cui è dedicato l'altare destro dell'abside. Il 22 ottobre 1769 la cattedrale è solennemente consacrata dal vescovo Scipione Ardoino dei principi d'Alcontres e di Palizzi quale chiesa cattedrale della Beatissima Vergine Madre di Dio, sotto il titolo dell'Assunzione, dedicata ai santi Lucia e Biagio. Il vescovo chiede e ottiene dalla Santa Sede che la Prelatura sia espressamente dichiarata vere Nullius.
Importantissimo è il culto che molte città in Sicilia tributano alla Vergine Maria e che trova fondamento sul rapporto epistolare tra l'Ambasceria del Senato Messinese e Maria Madre di Gesù Cristo, Madre di Dio, Madre della Chiesa secondo il dogma Theotókos formulato dal concilio di Efeso riaffermando alcuni principii del concilio di Nicea. Legame rafforzato dall'opera evangelizzatrice degli apostoli, san Paolo in prima persona. In tutte le accezioni la Vergine Maria è patrona delle principali città dell'isola, patrona principale del Regno delle Due Sicilie ed attuale patrona della Sicilia, a lei sono dedicate la maggior parte delle cattedrali e i principali edifici di culto.
Epoca greco - romana.
Sulla storia millenaria del tempio sacro ruggeriano è pervenuto ben poco, si può ricostruire una cronologia verosimile sulla base dei numerosi eventi che hanno inciso sul territorio e sull'intero comprensorio tirrenico. La cittadina è dapprima insediamento greco-romano, in seguito centro bizantino infine arabo.
Epoca bizantino - araba.
Edificio di culto cristiano verosimilmente insistente su preesistente manufatto o luogo di culto pagano.
Epoca normanna.
L'impianto primitivo risale al 1094 per volontà rispondente a un voto formulato dal conte Ruggero del casato d'Altavilla, meglio conosciuto come Ruggero I di Sicilia o conte di Sicilia, padre di Ruggero II di Sicilia, bisnonno materno di Federico II di Svevia o Federico I di Sicilia del casato svevo degli Hohenstaufen. L'opportunità è colta assieme al fratello Roberto il Guiscardo per redimere una controversia, il pretesto per l'invasione e riappropriazione dell'isola, risiede nella richiesta d'aiuto da parte dell'Emiro di Siracusa, allora in lotta contro l'Emiro di Castrogiovanni, avviando di fatto l'inizio della completa riconquista normanna della Sicilia sottraendola al dominio arabo. Il ritorno alla sovranità di matrice cattolica costituisce l'impulso per l'edificazione di una serie di splendide cattedrali normanne in Sicilia, successivamente e ripetutamente rimaneggiate e riedificate per eventi posteriori, prevalentemente di carattere sismico. Tutto ciò è seguente ad un arco temporale, che dall'837 agli anni appena precedenti il 1094, vede Santa Lucia del Mela o «Mankarru» dominata dagli arabi, periodo del quale rimangono ancora oggi testimonianze architettoniche. Del tempio ruggeriano ad una sola navata e col prospetto rivolto verso il «Palazzo Prelatizio», restano solo le fondamenta nei vani inferiori al pavimento dell'attuale tempio e si sta procedendo affinché gli ambienti tornino nuovamente accessibili e visitabili.
Epoca spagnola.
Del complesso edilizio d'impronta seicentesca sono identificabili innumerevoli ricostruzioni, ristrutturazioni, ampliamenti, restauri, migliorie effettuate nel corso dei secoli da far risalire sempre a cause naturali. L'edificio in esame è un monumento molto longevo, ubicato in un contesto intriso di storia millenaria. A parte rari e lievi eventi bellici di carattere locale, la stragrande maggioranza delle calamità che hanno interessato il centro abitato di Santa Lucia del Mela è costituita da eventi sismici che nel corso dei secoli hanno interessato vasti comprensori o province o zone della Sicilia, molte volte estese aree dell'Italia meridionale. Nello scorso millennio nella sola Sicilia sono documentati diverse decine di terremoti distruttivi, per essi vale sempre il distinguo delle tecniche e dei materiali di costruzione utilizzati nelle varie epoche, che falcidiavano distruggendole, intere comunità, metodologie fortunatamente superate. Le fonti non sempre provate e certificate ad appannaggio di soli cronisti storici nobiliari o d'istituzioni religiose, limitate territorialmente, andavano sistematicamente perdute a ogni disastro. Il sito normanno affronta i cataclismi riportati dalle cronache storiche siciliane del terremoto di Catania del 1169, del terremoto del 1º settembre 1295, del terremoto del Val di Noto conosciuto come "Magnus Terremotus" del 1542.
Secondo una pratica comune nel comprensorio, riscontrabile nei complessi del duomo di Santa Maria Assunta in Castroreale, della chiesa di San Francesco di Paola in Milazzo, del duomo di Santa Lucia di Mistretta che hanno subito il ribaltamento ingresso – abside, nella riedificazione del duomo luciese si assiste alla variazione d'asse con rotazione di 90° in senso antiorario, per cui il portale d'ingresso originariamente rivolto a levante, oggi si affaccia a settentrione.
Il processo di ampliamento e di abbellimento tra il 1592 e il 1642, su disegno di Vincenzo Ferriati di Novara di Sicilia, comporta la realizzazione di un impianto basilicale a tre navate. In un siffatto contesto, l'intervento del Ferriati, su commissione dei prelati Rao Grimaldi, Franco, Firmatura dei lavori iniziati nel 1592, ultimati nel 1642 che concernono la rotazione dell'asse, l'ampliamento e la riedificazione dell'edificio, si possono collocare cronologicamente a ridosso di due disastrosi terremoti: quello del 25 agosto 1613 conosciuto come "terremoto di Naso" che ha interessato l'intera costa settentrionale messinese e il sisma noto come terremoto della Calabria del 27 marzo 1638. Dopo il terremoto del Val di Noto del 1693 i lavori di restauro della chiesa assumono connotazioni e contaminazioni di stile tardo barocco o barocco siciliano come la gran parte delle costruzioni cittadine e in generale siciliane.
Epoca borbonica.
Col sisma conosciuto come terremoto della Calabria meridionale del 1783 tutto il patrimonio artistico del comprensorio, compreso il casale di Barcellona e della vicina Pozzo di Gotto, subisce notevoli danni. Nell'archivio parrocchiale dell'arcipretura del tempo della chiesa di San Vito per il tragico evento, è spesso citata l'espressione di "violenti, continui e distruttivi tremuoti". Il terremoto della Calabria meridionale del 1894 è documentato cronologicamente ma, i resoconto trascurano di dettagliare i danni.
Epoca contemporanea.
La chiesa subisce le offese del terremoto di Messina del 1908 che il prelato Ballo provvederà a ripristinare così come avviene anche per il sovrastante Castello - Santuario - Seminario nel 1927. Il sisma del 16 aprile 1978 del Golfo di Patti procura altri danni che comportano lavori di consolidamento seguiti da una radicale opera di restauro che consegnano la cattedrale alla bellezza che tutti oggi possiamo ammirare.
La facciata “ a capanna”, compatta e severa, è ripartita da quattro paraste, lasciate in pietra viva fino al cornicione superiore del secondo ordine e sormontati da capitelli con modanature, che costituiscono le nervature verticali del prospetto. Secondo e terzo ordine hanno finestre in corrispondenza degli ingressi, che insieme vanno a costituire gli assi di simmetria del prospetto. Nel terzo ordine, costituito da tre finestre, le laterali solo con funzioni decorative, non essendo stato mai realizzato un terzo ordine per le navate laterali. La parte centrale è delimitata dalle paraste interne e sormontata da timpano triangolare.
Di linea semplice sono i portali laterali e le finestre, la cui trabeazione superiore è sostenuta da piccole mensole a voluta, mentre il portale centrale, più antico, caratterizza l'intero prospetto elevandosi sui due ingressi laterali minori e spiccando per le decorazioni: due esili colonne tortili incorniciano l'ingresso fino al robusto architrave recante l'aquila coronata con stemma e corona (che insieme a quelle presenti nei drappi all'interno della chiesa, sta ad indicare che la costruzione era di Regio Patronato). Pinnacoli, nappe con frange, volute laterali e simmetriche con funzioni esclusivamente ornamentali e decorative, delimitano una lunetta raffigurante una Madonna con Bambino fra le sante siciliane Lucia e Agata, il tutto sormontato dalla figura dell'Onnipotente benedicente. Sembra che questa pregevole opera sia da assegnare allo scultore lombardo Gabriele di Battista, trasferitosi a Palermo al seguito di Domenico Gagini, massimi esponenti della scultura rinascimentale in Sicilia ed appartenenti alla corrente lombardo-comasca.
Considerata la funzione puramente decorativa delle finestre laterali del terzo ordine, per l'osservatore che ammira il prospetto, attraverso il cornicione della finestra sinistra, in alcuni punti dell'asse mediano della piazza passante per l'ingresso principale, è possibile intravedere l'orologio del castello-santuario-seminario posto sul colle retrostante.
La realizzazione e i continui rifacimenti delle quattro monumentali cattedrali coeve, d'iniziativa e impronta Ruggeriana nel comprensorio peloritano di Messina, di Lipari, di Santa Lucia del Mela, di Patti assieme alle restanti della Sicilia intera, comporta la presenza di rilevanti maestranze provenienti dal Nord Italia e dall'estero. Nei grandi cantieri di Palermo collaborano ingegni e manodopera cristiana, araba, ebrea, un grande crogiolo di razze, religioni, nazionalità spazianti dal Bacino del Mediterraneo ai paesi del Nord Europa, caratterizzato da intenti comuni e animati dalla pacifica convivenza. A cavallo del XV, XVI, XVII secolo le grandi commissioni e il gusto per il bello, nella Roma papalina, Caserta e Napoli fulcro dei regni delle casate angioine, aragonesi, spagnole, borboniche, attirano gli artisti delle diverse culture e delle molteplici correnti, motivandoli a trovare nuovi incarichi nell'Italia meridionale e nell'isola, divulgando gli stili e le correnti in voga nelle varie epoche. Così nell'ambito della pittura, scultura, architettura nel distretto luciese si riscontra la presenza di correnti lombardo-ticinese, toscano-carrarese, veneto-dalmata e degli esponenti siciliani che hanno avuto la ventura di formarsi e operare presso le rinomate corti delle città d'arte italiane e straniere. Ciò spiega, l'utilizzo di materiali, vedi il marmo di Carrara nella statuaria e nelle sculture, la diffusione dello stile Rinascimentale nella tecnica e nelle forme, delle varie scuole di pensiero nell'ambito dell'architettura contagiati dalla folta presenza di discepoli, ognuno inserito nel proprio contesto storico, formatisi nei laboratori e nei cantieri diretti da eccelse personalità del mondo dell'arte.
L'interno della concattedrale è in stile rinascimentale di derivazione brunelleschiana, con pianta a croce latina. L'aula è divisa in tre navate divise da due file di archi a tutto sesto poggianti su colonne tuscaniche lapidee. Gli archi sono decorati con stucchi come anche in parte la volta, a botte lunettata nei tre ambienti.
A metà della navata centrale, sulla destra, si trova un pregevole "pulpito" ligneo barocco e sullo stesso lato, sotto l'arco trionfale, i cinque scranni lignei del Senato Luciese del 1748 sovrastati dal drappo in velluto rosso con l'aquila imperiale di Federico II di Svevia del 1791. In corrispondenza di questi ultimi, sul lato opposto, vi è il complesso neoromanico in marmi policromi della cattedra vescovile.
Tra l'abside quadrangolare e le navate si trova il transetto, il quale è caratterizzato dalla presenza della cupola settecentesca, posta in corrispondenza della crociera. Oltre agli altari delle Cappelle facenti capo alle navate laterali, sono presenti due artistici altari ai lati estremi del transetto. Come punto di riferimento l'altare maggiore in marmi policromi del 1742, il braccio di sinistra presenta a ridosso della parete di fondo un altare con timpano ad arco spezzato e stemma centrale recante l'iscrizione "DEO UNI TRINO ORANT. PATRONO S. BLASIO EPIS ET MARTYRI DICATUM", la cui pala, commissionata dalla Confraternita degli Agonizzanti a Pietro Novelli nel 1645, raffigura la "Trinità, la Vergine, San Biagio e le Anime purganti". L'altare del braccio di destra, la cui sopraelevazione in stucco con lesene e capitelli corinzi, timpano ad arco spezzato e fregio mediano recante l'iscrizione "IMMACVLATÆ DEIPARAE VIRGINIS CONCEPTIONI D", invece, è sormontato dalla pala dell'"Immacolata", realizzata da Filippo Jannelli nel 1676. La Vergine è attorniata dalle figure di Santa Cecilia protettrice dei musicisti ritratta nell'atto di suonare uno strumento ad arco, Santa Rosalia identificabile dall'abito basiliano e la coroncina di rose sul capo, San Lorenzo che tiene seco lo strumento di tortura: la graticola, infine a destra la figura di San Giacomo Maggiore riconoscibile per l'abbigliamento da viandante e ai piedi per la presenza di una conchiglia o capasanta simbolo del pellegrinaggio terreno. Alla sinistra dell'altare due epigrafi, in basso quella che commemora Monsignor Pedro Solera Montoya, in alto quella del Vescovo Raimondo De Moncada ("... RAYMVNDO DE MONCADA ... PACTENSIUM TYNDARITANORUM PONTIFICE ...") alla guida della vicina Diocesi di Patti, regnante Ferdinando I delle Due Sicilie di Borbone, nel contesto della Rivoluzione francese e le mire espansionistiche di Napoleone Bonaparte. Sulla destra il monumento funerario di Monsignor Marcello Moscella.
In corrispondenza di ciascuna delle due navate laterali, si apre sul transetto una cappella. Quella di sinistra è dedicata al Santissimo Sacramento ed è contraddistinta da alcuni frammenti degli affreschi con Storie del Vecchio Testamento di Domenico De Gregorio del 1886. Elegante altare in marmi policromi, la cui sopraelevazione è costituita da doppie colonne binate per parte con capitelli corinzi, sormontate da robusto architrave spezzato e simmetrico, sul quale è posta una coppia di angeli genuflessi verso il centro, nella parte mediana la figura del Creatore Onnipotente benedicente. Sopra il tabernacolo la statua del Sacro Cuore, sotto la mensa il bassorilievo dell'Ultima Cena in unico blocco marmoreo attribuito al palermitano Valerio Villareale inserito nella parte centrale del paliotto, di chiara ispirazione Leonardesca.
Sul frontone dell'arco della cappella in fondo alla navata di destra con timpano ad arco spezzato e stemma centrale raffigurante fregio col simbolo iconografico della martire dedicata a Santa Lucia, alla base delle modanature si legge "LVCIÆ VIRG. ET MART. TITVLAR DIC.", la quale cappella si presenta riccamente ornata e decorata di stucchi e affreschi. Di fronte l'altare con colonne scanalate e capitelli corinzi reggono un architrave con figure femminili e stemma al centro, delimitano una nicchia bordata con ghirlande di fiori e frutta, all'interno della quale, sotto la decorazione a conchiglia simboleggiante il pellegrinaggio, è esposta la Statua di Santa Lucia di fine XV secolo. Nella splendida statua marmorea, in molti ravvedono lo stile di Domenico Gagini, per alcuni critici l'opera è attribuibile a Francesco Laurana. Sulla sinistra, l'altare che custodiva l'urna di metallo e cristallo con il corpo incorrotto del Servo di Dio Monsignor Antonio Franco. A destra, lo sfarzoso Mausoleo di Monsignor Francesco Barbara, lungo la parete di raccordo col transetto il cenotafio di Monsignor Salvatore Ballo Guercio.
otto l'arco absidale, rialzato e occupante parte della zona presbiterale l'altare realizzato dopo il Concilio Vaticano II, in marmi policromi e con un raffinato paliotto marmoreo. Ancor più elevato in zona abside, l'altare tabernacolo del 1739 in marmi policromi attorniato alle pareti dallo splendido coro ligneo intagliato attribuito a Giovanni Gallina da Nicosia del 1650. Sulla parete è collocato un grandioso dipinto dell'"Assunzione" di Fra Felice da Palermo, al secolo Giovan Battista da Licata, del 1771 inserito in una monumentale cornice lignea di splendide foglie d'acanto scolpite. Si ammira l'Assunzione della Vergine fra schiere di angeli, alla base del dipinto tredici personaggi in contemplazione disposti intorno alla fonte della vita accanto alla figura dello stesso Redentore, inginocchiato si riconosce la figura di San Pietro apostolo, per le fattezze del volto e dalle chiavi poste sul terreno avanti a sé. Per l'autore, la condizione di uomo consacrato a Dio, impediva di autografare le opere, sicché non c'era modo migliore per garantire l'attribuzione del proprio lavoro ritraendo uno dei personaggi con le proprie fattezze somatiche, nello specifico, nel personaggio del Principe dei Apostoli si ravvisa l'autoritratto del frate cappuccino.
Dello stesso frate cappuccino si riconosce il tratto pittorico in numerose opere sparse nelle chiese della cittadina, stessi soggetti e volti di personaggi sono ravvisabili in dipinti custoditi nella ripristinata Chiesa dei Cappuccini dove si può ammirare un'"Assunzione" con santa Lucia, san Biagio, san Francesco d'Assisi e santa Chiara, questi ultimi fondatori dell'Ordine Francescano. Le stesse fattezze di San Biagio, identiche a quelle dell'Apostolo Pietro, si riscontrano nel volto di uno dei Magi nell'"Adorazione dei Magi" adiacente, splendido esempio di rappresentazione di fastosi costumi del Medio Oriente. Stessa tecnica, uguale mano e fogge di barba comuni nella commovente "Deposizione" e nel quadro "Maria Bambina e le Sacre Scritture" con Sant'Anna e San Gioacchino.
Sulla parte terminale del corpo absidale, un delicato gioco di crociere fatto di vele e pennacchi, alla base del quale, sulla cornice in stucco è presente l'iscrizione: "AN. MDCXVIII D. ANTONI DE FRANCHIS P.O. INITIUM POSUIT D. VINCENTIUS FIRMATURA P.O. EXPLEVIT AN. MDCXLI.".
Pregevole il candelabro marmoreo per il cero pasquale del 1661, recante sul capitello lo stemma del prelato Martino La Farina, l'opera è addossata al pilastro che separa la zona absidale dalla "Cappella del SS. Sacramento". Sulla colonna di fronte è murata la targa marmorea col ritratto in ardesia commemorante monsignor Vincenzo Firmatura successore di monsignor Antonio Franco.
All'interno del vano absidale, subito dopo l'altare maggiore, trova luogo il grande coro ligneo finemente intagliato in noce, attribuito a Giovanni Gallina da Nicosia 1685. Il coro costituito da un doppio ordine di stalli (39 in tutto) disposti in due file distinte collegati tra loro da pochi scalini. L'intera composizione a base quadrata presenta innumerevoli decori fra putti, fasci decorativi e grifoni, questi ultimi posti nel separare gli stalli uno dall'altro creando una simmetria di elementi suggestiva ed elegante. Al centro troviamo il leggio a piramide contenente in passato i libri corali, grandi volumi manoscritti in pergamena e finemente lavorati.
Sulla cantoria in controfacciata, si trova l'organo a canne Tamburini opus 445, costruito nel 1962.
Lo strumento è a trasmissione elettrica e dispone di 16 registri. La sua consolle, anch'essa situata in cantoria, ha due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note; i registri, le unioni e gli accoppiamenti sono azionati da placchette a bilico poste su unica fila sopra il secondo manuale.
Nella sagrestia ubicata sul lato destro con ingresso dopo la quinta campata, sono presenti armadi in noce scolpito del 1650 attribuiti a Giovanni Gallina da Nicosia, dove si custodiscono paramenti ricamati in oro e argento; un cofanetto di metallo e cristallo in cui è racchiusa la catena ferrea che il beato Antonio Franco indossava ai lombi, il reliquiario d'argento dorato della croce d'orafo della prima metà del secolo XVI. È occasionalmente esposta la statua lignea settecentesca di santa Lucia con indorature e argentature, utilizzata durante i percorsi processionali e usualmente custodita nella chiesa di San Nicola.
Dal 1990 circa è stato istituito il museo diocesano della "Prelatura Nullius" di Santa Lucia del Mela nei locali dell'attiguo Palazzo Prelatizio o Vescovile. Lo stesso Palazzo costruito su commissione di Monsignor Rao Grimaldi del 1608, sotto la direzione di Vincenzo Firriati, architetto che ha diretto i lavori della cattedrale. Il terremoto del 1783 comporta una ricostruzione dell'edificio dotato tra l'altro, di un passaggio che lo collega direttamente alla cattedrale. I monsignori Ballo e Riccieri contribuiscono a renderlo una sede sontuosa adornandolo con manufatti e opere artistiche provenienti da tutte le costruzioni della Prelatura. Il tempo e altri eventi nefasti hanno contribuito a minare il cospicuo patrimonio artistico del territorio ma, allo stesso tempo, l'edificio si è prestato a raccogliere gran parte dei capolavori destinati ad essere smembrati e sparsi in edifici museali fuori città. L'opera di raccolta condotta da monsignore Raffaele Insana, ha determinato la costituzione dell'odierno museo, allo stato attuale suddiviso nelle seguenti sezioni: testimonianze circa attrezzi, usi e costumi della civiltà contadina locale; il Tesoro della cattedrale e della Prelatura (rappresentato da ostensori, reliquiari ex voto d'oro e d'argento, tra i quali il reliquiario in argento dorato della “Santa Spina” di orafo messinese del 1300, “mano argentea” con reliquia di santa Lucia di Francesco Bruno, argentiere messinese del 1600); paramenti liturgici. Nelle sale nobiliari quadri e opere marmoree provenienti dal patrimonio distrutto o dismesso della Prelatura, come il "Salone di Rappresentanza" ricco di dipinti di varie epoche e la bellissima cappella privata con altare marmoreo del 1757 ove fa bella mostra la stupenda Madonna di Trapani, pregiata statuetta dall'incerta datazione e attribuibile a "Scuola Gaginesca", grazie all'interesse di monsignor Ricceri, che nei primi anni del dopoguerra rivoluziona l'intero complesso e colloca l'artistica opera proveniente dall'oratorio di Santa Maria dell'Arco.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Concattedrale_di_Santa_Maria_Assunta_(Santa_Lucia_del_Mela)